
Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.
E' ufficiale: sono un asino. Non c'è niente da fare, io non la capisco. O almeno la capisco in maniera diversa. Ciò che non mi è chiaro è nell'interpretazione classica la logica grammaticale della terzina, anzi del verso. Dicono che significhi: "L'amore non può fare a meno di essere ricambiato". L'amore non perdona nessuno che sia amato, cioè lo costringe a riamare a sua volta.
Ma sarebbe così se avessimo: "Amor, ch'a nullo (cioè nessuno) amato, perdona". O meglio: "Amor, ch'a nullo (cioè nessuno) amato, amar NON perdona". Perché c'è AMAR perdona? Sarebbe: l'amore che a nessuno che venga amato, perdona di AMARE. Non perdona di NON amare. Cos'è costruzione inglese che non prevede la doppia negazione? Boh. Nessuno lo spiega in termini grammaticali. Tutti giù a dar interpretazioni. Ma se fosse nel senso letterale? Che significa che l'amore non perdona che tu AMI? Perché questo dice il verso. Amore, che a nessuno che venga amato, perdona di amare.
Qui stiamo parlando di Paolo e Francesca. Lussuriosi. Canto V. Inferno. INFERNO. E tutti giù a parlar d'amore, a dire in fondo che Dio li ha mandati all'inferno perché si amavano. Paolo e Francesca sono diventati IL SIMBOLO dell'amore. Non è un po' strano? Dante in polemica con Dio?
Io credo invece che l'unica possibilità sia leggere ciò che c'è scritto: quell'amore, quel TIPO di amore che non permette, consente (perdona) di amare a chi venga amato (a nullo amato) mi prese così forte... E qual è il tipo di amore che non perdona, se tu provi ad amare? Quello fedifrago. Francesca era sposata, non poteva amare Paolo, non poteva sperare di essere perdonata perché amava. Quell'amore che a nessuno, amato, perdona di amare mi prese così forte... La lussuria. Altro che l'amore che dai, ti ritorna indietro. Altro che l'amore non permette a chi è amato di non amare.
Se io sono un asino, Paolo e Francesca erano due maialini.
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.
E' ufficiale: sono un asino. Non c'è niente da fare, io non la capisco. O almeno la capisco in maniera diversa. Ciò che non mi è chiaro è nell'interpretazione classica la logica grammaticale della terzina, anzi del verso. Dicono che significhi: "L'amore non può fare a meno di essere ricambiato". L'amore non perdona nessuno che sia amato, cioè lo costringe a riamare a sua volta.
Ma sarebbe così se avessimo: "Amor, ch'a nullo (cioè nessuno) amato, perdona". O meglio: "Amor, ch'a nullo (cioè nessuno) amato, amar NON perdona". Perché c'è AMAR perdona? Sarebbe: l'amore che a nessuno che venga amato, perdona di AMARE. Non perdona di NON amare. Cos'è costruzione inglese che non prevede la doppia negazione? Boh. Nessuno lo spiega in termini grammaticali. Tutti giù a dar interpretazioni. Ma se fosse nel senso letterale? Che significa che l'amore non perdona che tu AMI? Perché questo dice il verso. Amore, che a nessuno che venga amato, perdona di amare.
Qui stiamo parlando di Paolo e Francesca. Lussuriosi. Canto V. Inferno. INFERNO. E tutti giù a parlar d'amore, a dire in fondo che Dio li ha mandati all'inferno perché si amavano. Paolo e Francesca sono diventati IL SIMBOLO dell'amore. Non è un po' strano? Dante in polemica con Dio?
Io credo invece che l'unica possibilità sia leggere ciò che c'è scritto: quell'amore, quel TIPO di amore che non permette, consente (perdona) di amare a chi venga amato (a nullo amato) mi prese così forte... E qual è il tipo di amore che non perdona, se tu provi ad amare? Quello fedifrago. Francesca era sposata, non poteva amare Paolo, non poteva sperare di essere perdonata perché amava. Quell'amore che a nessuno, amato, perdona di amare mi prese così forte... La lussuria. Altro che l'amore che dai, ti ritorna indietro. Altro che l'amore non permette a chi è amato di non amare.
Se io sono un asino, Paolo e Francesca erano due maialini.